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Richiesta di Cittadinanza
Sei uno straniero residente a Milano ed hai bisogno di richiedere la cittadinanza italiana?
In via Brusuglio 73 a Milano, zona Affori, trovi Mandea Consulting agenzia multiservizi specializzata annche in servizi di richieste cittadinanza italiana per cittadini stranieri.

Le richieste di cittadinanza possono essere delle seguenti tipologie:
• Cittadinanza Iure Sanguinis
• Cittadinanza per residenza
• Cittadinanza per matrimonio

La nostra agenzia svolge servizi di richieste di cittadinanza per stranieri in tutta Milano e provincia. La sede situata in via Brusuglio 73, risulta essere particolarmente comoda per chi risiede in zona Affori, Bovisa, Comasina, Bruzzano, Niguarda, Bicocca e dintorni.

Il servizio offerto dalla nostra agenzia consiste:
- Consulenza iniziale
- Verifica dei requisiti necessari e verifica documentale
- Traduzione e legalizzazione dei certificati (se richiesto)
- Assistenza sulla presentazione della pratica
- Assistenza legale ove necessario

Contattaci per maggiori informazioni allo 02 66220323 oppure sul cell. 335 5464402 o ancora utilizzando il form contatti presente nel nostro sito.

Acquisizione della cittadinanza italiana per RESIDENZA (o naturalizzazione)


La cittadinanza italiana può essere concessa per naturalizzazione allo straniero residente legalmente nel territorio italiano per un periodo variabile in relazione alle qualità o agli status posseduti (art. 9, legge 5 febbraio 1992 n. 91).

Si tratta di un provvedimento altamente discrezionale in presenza dei requisiti richiesti dalla legge e in assenza dei motivi ostativi.

L’Amministrazione competente, come affermato più volte dal Consiglio di Stato, ha il dovere di effettuare una valutazione, oltre che dei requisiti previsti dalla legge, anche della conformità all’interesse pubblico della naturalizzazione: quindi non si valuta il solo interesse del richiedente.

Nella valutazione dell’interesse pubblico
particolare rilievo assume la condotta tenuta dall’interessato, il livello di integrazione nel tessuto sociale, la posizione reddituale e l’assolvimento dei correlati obblighi fiscali e infine la volontà inequivocabile di entrare a far parte della comunità italiana.

La cittadinanza viene concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato su proposta del Ministro dell’Interno.

La relativa domanda, indirizzata al Presidente della Repubblica, deve essere presentata alla Prefettura della provincia di residenza mediante istanza telematica (portale nullaosta lavoro). Le condizioni previste dalla legge per la concessione della cittadinanza devono permanere fino al giuramento, che deve essere prestato entro 6 mesi dalla notifica del decreto di concessione della cittadinanza.

L’art 11 della legge 5 febbraio 1992 n. 91 prevede l’istituto della doppia cittadinanza dando la possibilità per il cittadino italiano di rinunciarvi qualora risieda già all’estero o vi stabilisca la residenza.. Il termine per la definizione del procedimento amministrativo per la concessione della cittadinanza per naturalizzazione è di 48 mesi (4 anni) (art.9-ter legge 5 febbraio 1992 n. 91, articolo inserito dall’art.14, comma 1, lett. c), D.L. 113/18) dalla data di presentazione della domanda (art. 3 del Decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 362). Tale termine può essere sospeso per la necessità motivata di acquisire informazioni, o documentazione integrativa, non già in possesso dell’Amministrazione, né acquisibili da altre Amministrazioni. Il Ministero dell’Interno inoltre, con la Circolare del 17 maggio 2011 n. 6415, ha richiamato le Prefetture al rispetto dei termini fissati dalla legge.

Requisiti necessari per l’istanza di cittadinanza per RESIDENZA

a. Residenza
b. Conoscenza della lingua italiana (livello L2 B1)
c. Reddito
d. Assenza di condanne penali e di pericolosità sociale

a. Residenza
Il periodo di residenza nel territorio italiano è, insieme a reddito e conoscenza della lingua italiana, requisito tassativamente richiesto dalla legge per l’ammissibilità della domanda di cittadinanza per naturalizzazione da parte di un cittadino straniero.

Tale requisito è da intendersi come continuativo: di conseguenza non ci devono essere stati periodi intermedi di residenza all’estero o di irreperibilità nel territorio. È richiesta una residenza legale sul territorio dello Stato di almeno dieci anni per gli stranieri non comunitari (art. 9, comma 1, lettera f, legge 5 febbraio 1992 n. 91) e di almeno quattro anni per i cittadini dell’Unione Europea (art. 9, comma 1, lettera d), legge 5 febbraio
1992 n. 91).

La residenza legale, che si ottiene attraverso l’iscrizione all’Anagrafe della popolazione residente di un Comune, non deve essere confusa con il soggiorno regolare del cittadino straniero nel territorio dello Stato, che si autorizza attraverso il rilascio di un titolo al soggiorno da parte della Questura nel cui territorio il cittadino straniero dimora.

La titolarità di un permesso di soggiorno è per il cittadino straniero un presupposto per ottenere la residenza in un Comune ma la sua durata non è rilevante ai fini della presentazione della domanda di cittadinanza per naturalizzazione. Come precisato nella Circolare del Ministero dell’Interno K.60.1 del 28 settembre 1993, ai fini della richiesta di cittadinanza, il requisito della residenza legale, richiede il rispetto delle disposizioni dettate dalla legge in materia di ingresso, di soggiorno e di iscrizione anagrafica.

In alcuni casi espressamente disciplinati il periodo di residenza legale necessario è diverso:
· 3 anni per lo straniero di cui il padre, o la madre, o i nonni, sono stati italiani per nascita o per lo straniero nato in Italia (ma poi uscito dal territorio) (art. 9, comma 1, lettera a, legge 5 febbraio 1992 n.
91). Questa disposizione è prevista in favore di chi non possa usufruire delle disposizioni contemplate dall’art.4 della legge 5 febbraio 1992 n. 91;
· 5 anni successivi all’adozione: per lo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano (art. 9, comma 1, lettera b, legge 5 febbraio 1992 n. 91). Per evitare una disparità di trattamento con il figlio maggiorenne del cittadino straniero naturalizzato italiano, si ritiene tale agevolazione possa trovare applicazione anche a
questo caso. Pertanto, in tale ipotesi, il calcolo dei cinque anni dovrà iniziare dal momento dell’ottenimento della cittadinanza italiana del genitore naturalizzato;
· 5 anni successivi al riconoscimento dello status di apolide o di rifugiato politico (art. 9, comma 1, lettera e, e art. 16, legge 5 febbraio 1992 n. 91). Questa agevolazione non vale, quindi, per i titolari di protezione sussidiaria. Invece, in deroga a quanto sopra descritto, non è previsto il requisito della residenza per lo straniero che ha prestato servizio, anche all’estero, per lo Stato italiano per almeno cinque anni (art. 9, comma 1, lettera c), legge 5 febbraio 1992 n. 91).
b. Conoscenza della lingua italiana (livello B1) Il nuovo art. 9.1 della legge 5 febbraio 1992 n. 91 introdotto con il Decreto Legge 4 ottobre 2018 n. 113 convertito con la legge 1 dicembre 2018 n. 132, prevede che “La concessione della cittadinanza italiana ai sensi degli articoli 5 e 9 è subordinata al possesso, da parte dell’interessato, di un’adeguata conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello B1 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER). A tal fine, i richiedenti che non abbiano sottoscritto l’accordo di integrazione di cui all’articolo 4-bis del Testo Unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, o che non siano titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo di cui all’articolo 9 del sopra citato Testo Unico, sono tenuti, all’atto della presentazione dell’istanza, ad attestare il possesso di un titolo di studio rilasciato da un istituto di istruzione pubblico o paritario riconosciuto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca o dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ovvero a produrre apposita certificazione rilasciata da un Ente
Certificatore riconosciuto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale”. In alternativa, gli interessati sono tenuti a produrre apposita certificazione attestante il livello richiesto di conoscenza della lingua italiana, rilasciata da uno dei quattro enti certificatori riconosciuti dai Ministeri competenti: si tratta dell’Università per stranieri di Perugia, dell’Università per stranieri di Siena, dell’Università di Roma Tre e della Società Dante Alighieri e della connessa rete nazionale e internazionale di istituzioni ed enti convenzionati, rintracciabili nelle informazioni pubblicate sui siti dei medesimi Dicasteri ed Enti Certificatori (per questo è necessario contattare i CPIA – centri provinciali di istruzione per adulti – territorialmente competenti). Qualora il titolo di studio o la certificazione vengano rilasciati da un Ente Pubblico, i richiedenti dovranno autocertificarne il possesso, indicando gli estremi dell’atto, mentre se si tratta di un istituto paritario, ovvero di un ente privato, essi dovranno produrne copia autenticata. Da tale specifico onere di attestazione sono esclusi coloro che hanno sottoscritto l’accordo di integrazione, di cui all’articolo 4 bis del d.lgs. n. 286/1998 e al D.P.R. 14 settembre 2011, n. 179, e i titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, di cui all’articolo 9 del medesimo d.lgs., i quali dovranno soltanto fornire, al momento della presentazione dell’istanza, gli estremi rispettivamente della sottoscrizione dell’accordo e del titolo di soggiorno in corso di validità, i quanto la legge già presuppone una valutazione della conoscenza della lingua italiana. La Circolare del Ministero dell’Interno n. 666 del 25 gennaio 2019 approfondisce il requisito del possesso della conoscenza della lingua italiana introdotto dal Decreto legge 4 ottobre 2018, n. 113 convertito con la legge 1°dicembre 2018 n. 132. Si precisa che dovranno pertanto essere rifiutate tutte le istanze di cittadinanza per matrimonio e per residenza presentate dal 5 dicembre 2018 in poi, se prive delle autocertificazioni o attestazioni sopraindicate. Qualora tali domande siano state già acquisite, gli Uffici dovranno provvedere alla dichiarazione di inammissibilità, previo preavviso ai sensi dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990 n. 241. Tuttavia, le domande di cittadinanza presentate dopo la riforma fino al 9 marzo 2019 a cui è stato attribuito il codice K10 potranno essere integrate con la nuova certificazione richiesta previa apposita comunicazione da parte della Prefettura]. Il 13 maggio 2019 il Ministero dell’Interno - Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione - Direzione Centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze, ha pubblicato delle FAQ esplicative della riforma introdotta in materia di cittadinanza dal Decreto Legge 4 ottobre 2018, n. 113 convertito con la legge 1° dicembre n. 132. Non sono previsti dalla legge come requisiti, ma rientrano comunque nella valutazione dell’interesse pubblico alla naturalizzazione, la disponibilità di un reddito, l’assenza di condanne penali e di pericolosità sociale da parte del richiedente.
Lo straniero è tenuto a dimostrare la propria posizione reddituale e il regolare assolvimento degli obblighi fiscali per il triennio antecedente all’invio della domanda.
Con la concessione della cittadinanza italiana, lo straniero si inserisce a pieno titolo nella Comunità nazionale, acquisendo i medesimi diritti e doveri dei suoi membri, tra cui quelli connessi all’obbligo di concorrere alla realizzazione delle finalità dello Stato. In tal senso sarebbe infatti contrario all’interesse pubblico che il nuovo
cittadino non abbia i mezzi idonei per mantenere sé e la propria famiglia. (cfr. Circolare del Ministero Interno del 5 gennaio 2007, n. K.60.1). c. Il reddito Nell’ambito della valutazione circa l’opportunità di concedere la cittadinanza italiana, il Ministero dell’Interno considera la situazione reddituale dell’interessato e dei familiari conviventi (Circolare Ministero dell’Interno del 5 gennaio 2007, n. K.60.1), utilizzando come parametro il tetto per l’esenzione della spesa sanitaria (art.3 - Decreto Legge n. 382/1989 convertito in Legge n. 8 del 25 gennaio 1990) che prevede un reddito non inferiore a € 8.263,31, incrementato a € 11.362,05 in presenza di coniuge a carico e con un’aggiunta di € 516,46 per ogni figlio a carico. Viene pertanto valutato il reddito dell’intero nucleo familiare e non solo la posizione reddituale del singolo richiedente e questo per rispettare il concetto di solidarietà familiare. I familiari che possono concorrere al reddito sono quelli previsti dall’art. 433 del Codice Civile (coniuge, parte unita civilmente o convivente di fatto legato da contratto scritto di convivenza, figli legittimi o legittimati, genitori, generi e nuore, suocero e suocera, fratelli e sorelle germani142 e unilaterali). Dal momento che sono autocertificabili solo i redditi propri, per dimostrare quelli degli altri
componenti del nucleo familiare, andrà necessariamente allegata all’istanza copia della documentazione (CU, mod. 730 o mod. Unico). d. l’assenza di condanne penali e di pericolosità sociale L’assenza di precedenti penali, anche se non è espressamente prevista dalla legge quale requisito di ammissibilità della domanda di naturalizzazione, è considerato dalla dottrina un requisito naturale, ma non per questo inderogabile per l’accoglimento della domanda. La concessione della cittadinanza italiana, quindi, può essere preclusa a causa di precedenti penali, ma si dovrà valutare in concreto, caso per caso, la gravità dell’illecito commesso e la pericolosità sociale del richiedente. Infatti, in analogia a quanto espressamente previsto, per le domande di cittadinanza iure matrimonii, in base a consolidata giurisprudenza, può essere preclusa anche la concessione della cittadinanza per naturalizzazione (art. 6, legge 5 febbraio 1992 n. 91) al richiedente che sia stato condannato, con sentenza definitiva, per:
´ uno dei delitti previsti nel codice penale al libro secondo, titolo I: delitti contro la personalità dello Stato (artt. 241- 294 c.p.), capo I: delitti contro la personalità internazionale dello Stato (artt. 241-275 c.p.), capo II: delitti contro la personalità interna dello Stato (artt. 276 -293 c.p.) e capo III: delitti contro i diritti politici dei
cittadini (art. 294 c.p.); ´ un delitto non colposo (l’autore ha agito intenzionalmente e in piena coscienza e non per mero errore) per
il quale la legge preveda una pena edittale (la pena base espressamente prevista dalla legge) non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione; ´ un reato non politico a una pena detentiva superiore a un anno da parte di un’autorità giudiziaria straniera, quando la sentenza sia stata riconosciuta in Italia;
´ i casi in cui sussistano comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica. Dovrà essere comunque considerata, analogamente a quanto previsto dall’art. 6, legge 5 febbraio 1992 n. 91 l’intervenuta riabilitazione quale causa di cessazione degli effetti preclusivi della condanna.

Per richieste di cittadinanza italiana per residenza a Milano rivolgiti alla nostra agenzia di pratiche per stranieri di via Brusuglio 73, MANDEA CONSULTING
Acquisizione della cittadinanza per MATRIMONIO o UNIONE CIVILE con cittadino/a italiano/a


Come recita la legge, all’art. 5, “il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano, può acquistare la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure tre anni dalla data del matrimonio se residente all’estero, qualora non sia intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi”.

Al momento della domanda, e fino all’adozione del decreto, non dovranno verificarsi le seguenti condizioni ostative: scioglimento; annullamento; cessazione degli effetti civili del matrimonio; separazione personale (intesa anche quale separazione di fatto considerato che, alla luce della giurisprudenza consolidata in materia - ex multis, Consiglio di Stato, sez. VI, n. 6526/2007 - e dell’evidente ratio antielusiva sottesa anche alle modifiche apportate all’art. 5 della Legge n. 91/1992 dall’art. 1, comma 1 della Legge n. 94/2009, il dato formale della celebrazione di un matrimonio non può tenere luogo dell’instaurazione in fatto di un reale e stabile rapporto di coniugio con i diritti e gli obblighi che ne discendono tra cui, in primis, l’effettiva convivenza tra i coniugi).

MATRIMONIO CON UN/A CITTADINO/A ITALIANO/A:

il coniuge straniero o apolide di cittadino italiano può acquistare la cittadinanza italiano dopo 2 anni di residenza legale e ininterrotta in Italia oppure, se residente all’estero, dopo 3 anni dalla data di matrimonio, se non vi è stato scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del matrimonio e se non sussiste separazione legale. I suddetti termini sono ridotti alla metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi.

L’acquisto della cittadinanza per matrimonio non è possibile se lo straniero ha riportato condanne penali in Italia (per reati per cui è prevista una pena non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione e per quelli previsti dal libro II, titolo I, capi I, II e III del codice penale) o anche all’estero a una pena superiore a un anno per un delitto non politico riconosciuto da sentenza dell’autorità italiana. La riabilitazione fa cessare gli effetti preclusivi della condanna.

Precludono l’acquisto della cittadinanza per matrimonio anche la sussistenza, nel caso specifico, di comprovati motivi inerenti la sicurezza della Repubblica. Si tratta, in tal caso, di una valutazione discrezionale, esercitabile dallo Stato esclusivamente entro due anni dalla presentazione della domanda, trascorsi inutilmente i quali, solo motivi ostativi oggettivi possono precludere l’acquisto (che passa così dal rango di interesse legittimo a quello
di diritto soggettivo). Quando l’istanza non sia stata rigettata entro i due anni, l’interessato può chiedere al giudice di riconoscere il suo diritto all’acquisto della cittadinanza per matrimonio (Corte di Cassazione Sezioni Unite sentenza del 7 luglio 1993 n. 4741).

Tra le novità introdotte DL 4 ottobre 2018, n. 113, convertito con legge del 1° dicembre 2018, n. 132, vi è l’abrogazione della la disposizione che impediva all’Amministrazione il rigetto della domanda di acquisizione della cittadinanza per matrimonio decorsi due anni dall’istanza. La norma abrogata, in pratica, assegnava alla competente autorità amministrativa un termine perentorio di due anni per pronunciarsi sulla istanza di cittadinanza, con la precisazione che, una volta decorso tale termine, restava preclusa all’Amministrazione l’emanazione del decreto di rigetto della domanda, venendo a operare una sorta di silenzio assenso sulla relativa istanza dello straniero coniugato con un cittadino italiano.

Requisiti richiesti per chiedere la cittadinanza italiana per MATRIMONIO
a. Regolarità e durata del soggiorno (2 o 3 anni)
b. Matrimonio o unione civile
c. Conoscenza della lingua italiana (livello L2 B1)
d. Assenza di condanne penali e di pericolosità sociale

a. Regolarità e durata del soggiorno (2 o 3 anni)

L’art. 5 della legge 5 febbraio 1992 n. 91 (come modificato dall’art. 1, comma 11, legge 15 luglio 2009 n. 94) dispone che “il coniuge, straniero o apolide, di cittadino italiano può acquistare la cittadinanza italiana quando, dopo il matrimonio, risieda legalmente da almeno due anni nel territorio della Repubblica, oppure dopo tre anni dalla data del matrimonio se residente all’estero, qualora, al momento dell’adozione del decreto di cui all’articolo 7, comma 1, non sia intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del
matrimonio e non sussista la separazione personale dei coniugi.”.

I termini sopra citati sono ridotti della metà (12 e 18 mesi) in presenza di figli nati o adottati dai coniugi. La cittadinanza per matrimonio è attribuita quando il richiedente, straniero o apolide, è coniugato con cittadino italiano da almeno due anni e dimostra di avere la continuativa residenza legale in un Comune italiano da almeno due anni dalla data del matrimonio o della naturalizzazione del coniuge. Il termine di 2 anni è ridotto della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi. Al momento della presentazione dell’istanza, è irrilevante sia l’età dei figli sia la loro presenza nel territorio nazionale. Per residenza legale si intende l’iscrizione anagrafica e il possesso di regolare permesso di soggiorno.

Se uno dei due coniugi ha acquistato la cittadinanza italiana per naturalizzazione dopo il matrimonio, il calcolo dei termini ha inizio dalla data di acquisizione della cittadinanza italiana del coniuge e non dalla data del matrimonio. (Circolare del Ministero dell’Interno del 2 novembre 2009, Legge 15 luglio 2009 n. 94 recante “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica” - Modifiche in materia di cittadinanza. Ulteriori chiarimenti).

Se i coniugi hanno la residenza all’estero, la domanda di cittadinanza può essere presentata dopo 3 anni dalla data di matrimonio all’autorità diplomatico-consolare competente. Il termine di 3 anni è ridotto della metà in presenza di figli nati o adottati dai coniugi.

Qualora i coniugi, dopo i 3 anni dalla data di matrimonio trascorsi all’estero, spostino la loro residenza in Italia, senza che il coniuge straniero abbia già presentato istanza di cittadinanza, la stessa potrà essere richiesta alla Prefettura competente. Il coniuge straniero può presentare la domanda quando risulta in regola con le norme sul soggiorno e l’iscrizione anagrafica nei registri della popolazione residente, senza bisogno di maturare il
termine dei 2 anni di residenza legale nel territorio italiano.

Se uno dei coniugi ha acquisito la cittadinanza italiana per naturalizzazione dopo il matrimonio, il calcolo parte dalla data di acquisizione della cittadinanza italiana del coniuge e non da quella del
matrimonio. Se invece, i coniugi risiedono all’estero, la domanda di cittadinanza può essere presentata dopo tre anni
(18 mesi se sono presenti dei figli) dalla data di matrimonio.

b. Matrimonio o unione civile
L’art. 5 della legge 5 febbraio 1992 n. 91 dispone che al momento dell’adozione del decreto di concessione della cittadinanza italiana non deve essere intervenuto lo scioglimento, l’annullamento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio o dell’ unione civile (cfr. Legge 20 maggio 2016 n. 76) e non deve sussistere la separazione personale dei coniugi. A seguito della pubblicazione in Gazzetta ufficiale (n. 22 del 27 gennaio 2017) dei decreti
legislativi n. 5, 6 e 7 del 19 gennaio 2017 – adottati ai sensi dell’art. 1, comma 28 della legge 20 maggio 2016, n. 76 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze) – dall’11 febbraio 2017 è possibile inoltrare online le richieste di cittadinanza italiana, ai sensi degli artt. 5 e 7 della legge n. 91/1992, anche da parte del cittadino o della cittadina stranieri che hanno costituito un’unione civile con cittadino/a italiano/a trascritta nei registri dello stato civile del Comune italiano.

Lo scioglimento si verifica come conseguenza della morte di uno dei coniugi o per effetto di una sentenza di divorzio. In relazione al c.d. matrimonio concordatario (ossia matrimonio canonico con effetti civili) non si parla di scioglimento ma di cessazione degli effetti civili del matrimonio: proprio per evidenziare che non vengono meno gli effetti religiosi.

L’annullamento può invece essere disposto con una sentenza da parte del Tribunale
competente, se ricorrono dei vizi dell’atto costitutivo del vincolo matrimoniale. Infine, per separazione legale si intende una separazione sia consensuale che giudiziale, che risulti da un provvedimento del giudice. Qualora, in un momento successivo all’adozione del decreto, l’ufficiale dello Stato Civile o l’autorità diplomatico-consolare, vengano a conoscenza di una delle cause ostative sopra indicate perché le stesse non erano ancora state annotate e trascritte nell’atto di matrimonio, dovranno darne comunicazione al Ministero dell’Interno - Dipartimento Direzione Centrale, per la revoca del provvedimento stesso.

In caso di riconciliazione espressa dei coniugi (art. 157 Codice Civile), intervenuta dopo la separazione tra il richiedente straniero e il coniuge italiano, il procedimento di acquisto della cittadinanza italiana iure matrimoni, già in itinere, potrà proseguire il proprio iter istruttorio, ma il computo del periodo temporale utile per la maturazione dei requisiti di legge, dovrà necessariamente coincidere con la data di dichiarazione di riconciliazione, come annotata a margine dell’atto di matrimonio. “Pertanto la residenza legale di almeno due anni nel territorio italiano, ovvero tre anni se i coniugi risiedono all’estero, ridotti della metà in presenza di figli nati, o adottati dai coniugi, deve decorrere ab initio e per intero” (cfr. Circolare Ministero dell’Interno, 17 maggio 2011 prot. K.60.1).

c. Conoscenza della lingua italiana (livello B1)
Il nuovo art. 9.1 della legge 5 febbraio 1992 n. 91 introdotto con il Decreto Legge 5 ottobre 2018 n. 113 convertito con la legge 1 dicembre 2018 n. 132, prevede che la concessione della cittadinanza italiana ai sensi degli articoli 5 e 9 sia subordinata al possesso, da parte dell’interessato, di un’adeguata conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello L2 B1 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER).

A tal fine, i richiedenti che non abbiano sottoscritto l’accordo di integrazione di cui all’articolo 4-bis del Testo Unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, o che non siano titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo di cui all’articolo 9 del Testo Unico Immigrazione, sono tenuti, all’atto della presentazione dell’istanza, ad attestare il possesso di un titolo di studio rilasciato da un istituto di istruzione pubblico o paritario riconosciuto dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale, ovvero a produrre apposita certificazione rilasciata da un ente certificatore riconosciuto dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca e dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione internazionale o dal Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca.
La Circolare del Ministero dell’Interno n. 666 del 25 gennaio 2019 approfondisce il requisito del possesso della conoscenza della lingua italiana introdotto dal decreto legge 4 ottobre 2018, n. 113 convertito con la legge 1° dicembre 2018 n. 132.
Si precisa che dovranno pertanto essere rifiutate tutte le istanze di cittadinanza per matrimonio e per residenza presentate dal 5 dicembre 2018 in poi, se prive delle autocertificazioni o attestazioni sopraindicate. Qualora tali domande siano state già acquisite gli Uffici dovranno provvedere alla dichiarazione di inammissibilità, previo
preavviso ai sensi dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990 n° 241.

d. Assenza di condanne penali e di pericolosità sociale
Ai sensi dell’art. 6, legge 5 febbraio 1992 n. 91, non può essere attribuita la cittadinanza italiana se il richiedente è stato condannato, con sentenza definitiva, per:
- uno dei delitti previsti nel codice penale al libro secondo, titolo I: delitti contro la personalità dello Stato (artt. 241- 294 c.p.), capo I: delitti contro la personalità internazionale dello Stato (artt. 241-275 c.p.), capo II : delitti contro la personalità interna dello Stato (artt. 276-293 c.p.) e capo III: delitti contro i diritti politici dei cittadini
(art. 294 c.p.);
- un delitto non colposo (l’autore ha agito intenzionalmente e in piena coscienza e non per semplice errore) per il quale la legge preveda una pena edittale (la pena base espressamente prevista dalla legge) non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione;
- un reato non politico a una pena detentiva superiore a un anno da parte di un’autorità giudiziaria straniera, quando la sentenza sia stata riconosciuta in Italia. Il riconoscimento della sentenza straniera è richiesto dal procuratore generale del distretto dove ha sede l’ufficio dello stato civile in cui è iscritto o trascritto il matrimonio;
- è altresì preclusa la possibilità di ottenere la cittadinanza italiana qualora sussistano, nel caso specifico, comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica.
Si precisa che solo la riabilitazione fa cessare gli effetti preclusivi della condanna.

Per richieste di cittadinanza per matrimonio a Milano, contatta la nostra agenzia di pratiche per stranieri MANDEA CONSULTING situata in via Brusuglio 73.

Acquisizione della cittadinanza italiana per RESIDENZA (o naturalizzazione)

La cittadinanza italiana può essere concessa per naturalizzazione allo straniero residente legalmente nel territorio italiano per un periodo variabile in relazione alle qualità o agli status posseduti (art. 9, legge 5 febbraio 1992 n. 91).

Si tratta di un provvedimento altamente discrezionale in presenza dei requisiti richiesti dalla legge e in assenza dei motivi ostativi.L’Amministrazione competente, come affermato più volte dal Consiglio di Stato, ha il dovere di effettuare una valutazione, oltre che dei requisiti previsti dalla legge, anche della conformità all’interesse pubblico della naturalizzazione: quindi non si valuta il solo interesse del richiedente.

Nella valutazione dell’interesse pubblico particolare rilievo assume la condotta tenuta dall’interessato, il livello di integrazione nel tessuto sociale, la posizione reddituale e l’assolvimento dei correlati obblighi fiscali e infine la volontà inequivocabile di entrare a far parte della comunità italiana.

La cittadinanza viene concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato su proposta del Ministro dell’Interno.

La relativa domanda, indirizzata al Presidente della Repubblica, deve essere presentata alla Prefettura della provincia di residenza mediante istanza telematica (portale nullaosta lavoro). Le condizioni previste dalla legge per la concessione della cittadinanza devono permanere fino al giuramento, che deve essere prestato entro 6 mesi dalla notifica del decreto di concessione della
cittadinanza.

L’art 11 della legge 5 febbraio 1992 n. 91 prevede l’istituto della doppia cittadinanza dando la possibilità per il cittadino italiano di rinunciarvi qualora risieda già all’estero o vi stabilisca la residenza..
Il termine per la definizione del procedimento amministrativo per la concessione della cittadinanza per naturalizzazione è di 48 mesi (4 anni) (art.9-ter legge 5 febbraio 1992 n. 91, articolo inserito dall’art.14, comma 1, lett. c), D.L. 113/18) dalla data di presentazione della domanda (art. 3 del Decreto del Presidente della Repubblica 18 aprile 1994, n. 362). Tale termine può essere sospeso per la necessità motivata di acquisire informazioni, o documentazione integrativa, non già in possesso dell’Amministrazione, né acquisibili da altre Amministrazioni. Il Ministero dell’Interno inoltre, con la Circolare del 17 maggio 2011 n. 6415, ha richiamato le Prefetture al rispetto dei termini fissati dalla legge.

Requisiti necessari per l’istanza di cittadinanza per RESIDENZA

a. Residenza
b. Conoscenza della lingua italiana (livello L2 B1)
c. Reddito
d. Assenza di condanne penali e di pericolosità sociale

a. Residenza
Il periodo di residenza nel territorio italiano è, insieme a reddito e conoscenza della lingua italiana, requisito tassativamente richiesto dalla legge per l’ammissibilità della domanda di cittadinanza per naturalizzazione da parte di un cittadino straniero.

Tale requisito è da intendersi come continuativo: di conseguenza non ci devono essere stati periodi intermedi di residenza all’estero o di irreperibilità nel territorio. È richiesta una residenza legale sul territorio dello Stato di almeno dieci anni per gli stranieri non comunitari (art. 9, comma 1, lettera f, legge 5 febbraio 1992 n. 91) e di almeno quattro anni per i cittadini dell’Unione Europea (art. 9, comma 1, lettera d), legge 5 febbraio 1992 n. 91).

La residenza legale, che si ottiene attraverso l’iscrizione all’Anagrafe della popolazione residente di un Comune, non deve essere confusa con il soggiorno regolare del cittadino straniero nel territorio dello Stato, che si autorizza attraverso il rilascio di un titolo al soggiorno da parte della Questura nel cui territorio il cittadino straniero dimora.

La titolarità di un permesso di soggiorno è per il cittadino straniero un presupposto per ottenere la residenza in un Comune ma la sua durata non è rilevante ai fini della presentazione della domanda
di cittadinanza per naturalizzazione. Come precisato nella Circolare del Ministero dell’Interno K.60.1 del 28 settembre 1993, ai fini della richiesta di cittadinanza, il requisito della residenza legale, richiede il rispetto delle disposizioni dettate dalla legge in materia di ingresso, di soggiorno e di iscrizione anagrafica.

In alcuni casi espressamente disciplinati il periodo di residenza legale necessario è diverso:
· 3 anni per lo straniero di cui il padre, o la madre, o i nonni, sono stati italiani per nascita o per lo straniero nato in Italia (ma poi uscito dal territorio) (art. 9, comma 1, lettera a, legge 5 febbraio 1992 n.91). Questa disposizione è prevista in favore di chi non possa usufruire delle disposizioni contemplate
dall’art.4 della legge 5 febbraio 1992 n. 91;
· 5 anni successivi all’adozione: per lo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano (art. 9, comma 1, lettera b, legge 5 febbraio 1992 n. 91). Per evitare una disparità di trattamento con il figlio maggiorenne del cittadino straniero naturalizzato italiano, si ritiene tale agevolazione possa trovare applicazione anche a questo caso. Pertanto, in tale ipotesi, il calcolo dei cinque anni dovrà iniziare dal momento dell’ottenimento della cittadinanza italiana del genitore naturalizzato; · 5 anni successivi al riconoscimento dello status di apolide o di rifugiato politico (art. 9, comma 1, lettera e, e art. 16, legge 5 febbraio 1992 n. 91). Questa agevolazione non vale, quindi, per i titolari di protezione sussidiaria. Invece, in deroga a quanto sopra descritto, non è previsto il requisito della residenza per lo straniero che ha prestato servizio, anche all’estero, per lo Stato italiano per almeno cinque anni (art. 9, comma 1, lettera c), legge 5 febbraio 1992 n. 91).
b. Conoscenza della lingua italiana (livello B1) Il nuovo art. 9.1 della legge 5 febbraio 1992 n. 91 introdotto con il Decreto Legge 4 ottobre 2018 n. 113 convertito con la legge 1 dicembre 2018 n. 132, prevede che “La concessione della cittadinanza italiana ai sensi degli articoli 5 e 9 è subordinata al possesso, da parte dell’interessato, di un’adeguata conoscenza della lingua italiana, non inferiore al livello B1 del Quadro comune europeo di riferimento per la conoscenza delle lingue (QCER). A tal fine, i richiedenti che non abbiano sottoscritto l’accordo di integrazione di cui all’articolo 4-bis del Testo Unico di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, o che non siano titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo di cui all’articolo 9 del sopra citato Testo Unico, sono tenuti, all’atto della presentazione dell’istanza, ad attestare il possesso di un titolo di studio rilasciato da un istituto di istruzione pubblico o paritario riconosciuto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca o dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale ovvero a produrre apposita certificazione rilasciata da un Ente Certificatore riconosciuto dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale”. In alternativa, gli interessati sono tenuti a produrre apposita certificazione attestante il livello richiesto di conoscenza della lingua italiana, rilasciata da uno dei quattro enti certificatori riconosciuti dai Ministeri competenti: si tratta dell’Università per stranieri di Perugia, dell’Università per stranieri di Siena, dell’Università di Roma Tre e della Società Dante Alighieri e della connessa rete nazionale e internazionale di istituzioni ed enti convenzionati, rintracciabili nelle informazioni pubblicate sui siti dei medesimi Dicasteri ed Enti Certificatori (per questo è necessario contattare i CPIA – centri provinciali di istruzione per adulti – territorialmente competenti). Qualora il titolo di studio o la certificazione vengano rilasciati da un Ente Pubblico, i richiedenti dovranno autocertificarne il possesso, indicando gli estremi dell’atto, mentre se si tratta di un istituto paritario, ovvero di un ente privato, essi dovranno produrne copia autenticata. Da tale specifico onere di attestazione sono esclusi coloro che hanno sottoscritto l’accordo di integrazione, di cui all’articolo 4 bis del d.lgs. n. 286/1998 e al D.P.R. 14 settembre 2011, n. 179, e i titolari di permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo, di cui all’articolo 9 del medesimo d.lgs., i quali dovranno soltanto fornire, al momento della presentazione dell’istanza, gli estremi rispettivamente della sottoscrizione dell’accordo e del titolo di soggiorno in corso di validità, in quanto la legge già presuppone una valutazione della conoscenza della lingua italiana. La Circolare del Ministero dell’Interno n. 666 del 25 gennaio 2019 approfondisce il requisito del possesso della conoscenza della lingua italiana introdotto dal Decreto legge 4 ottobre 2018, n. 113 convertito con la legge 1° dicembre 2018 n. 132. Si precisa che dovranno pertanto essere rifiutate tutte le istanze di cittadinanza per matrimonio e per residenza presentate dal 5 dicembre 2018 in poi, se prive delle autocertificazioni o attestazioni sopraindicate. Qualora tali domande siano state già acquisite, gli Uffici dovranno provvedere alla dichiarazione di inammissibilità, previo preavviso ai sensi dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990 n. 241. Tuttavia, le domande di cittadinanza presentate dopo la riforma fino al 9 marzo 2019 a cui è stato attribuito il codice K10 potranno essere integrate con la nuova certificazione richiesta previa apposita comunicazione da parte della Prefettura]. Il 13 maggio 2019 il Ministero dell’Interno - Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione - Direzione Centrale per i diritti civili, la cittadinanza e le minoranze, ha pubblicato delle FAQ esplicative della riforma introdotta in materia di cittadinanza dal Decreto Legge 4 ottobre 2018, n. 113 convertito con la legge 1° dicembre n. 132. Non sono previsti dalla legge come requisiti, ma rientrano comunque nella valutazione dell’interesse pubblico alla naturalizzazione, la disponibilità di un reddito, l’assenza di condanne penali e di pericolosità sociale da parte del richiedente. Lo straniero è tenuto a dimostrare la propria posizione reddituale e il regolare assolvimento degli obblighi fiscali per il triennio antecedente all’invio della domanda. Con la concessione della cittadinanza italiana, lo straniero si inserisce a pieno titolo nella Comunità nazionale, acquisendo i medesimi diritti e doveri dei suoi membri, tra cui quelli connessi all’obbligo di concorrere alla realizzazione delle finalità dello Stato. In tal senso sarebbe infatti contrario all’interesse pubblico che il nuovo cittadino non abbia i mezzi idonei per mantenere sé e la propria famiglia. (cfr. Circolare del Ministero Interno del 5 gennaio 2007, n. K.60.1).
c. Il reddito Nell’ambito della valutazione circa l’opportunità di concedere la cittadinanza italiana, il Ministero dell’Interno considera la situazione reddituale dell’interessato e dei familiari conviventi (Circolare Ministero dell’Interno del 5 gennaio 2007, n. K.60.1), utilizzando come parametro il tetto per l’esenzione della spesa sanitaria (art.3 - Decreto Legge n. 382/1989 convertito in Legge n. 8 del 25 gennaio 1990) che prevede un reddito non inferiore a € 8.263,31, incrementato a € 11.362,05 in presenza di coniuge a carico e con un’aggiunta di € 516,46 per ogni figlio a carico. Viene pertanto valutato il reddito dell’intero nucleo familiare e non solo la posizione reddituale del singolo richiedente e questo per rispettare il concetto di solidarietà familiare. I familiari che possono concorrere al reddito sono quelli previsti dall’art. 433 del Codice Civile (coniuge, parte unita civilmente o convivente di fatto legato da contratto scritto di convivenza, figli legittimi o legittimati, genitori, generi e nuore, suocero e suocera, fratelli e sorelle germani142 e unilaterali). Dal momento che sono autocertificabili solo i redditi propri, per dimostrare quelli degli altri componenti del nucleo familiare, andrà necessariamente allegata all’istanza copia della documentazione (CU, mod. 730 o mod. Unico).
d. l’assenza di condanne penali e di pericolosità sociale L’assenza di precedenti penali, anche se non è espressamente prevista dalla legge quale requisito di ammissibilità della domanda di naturalizzazione, è considerato dalla dottrina un requisito naturale, ma non per questo inderogabile per l’accoglimento della domanda. La concessione della cittadinanza italiana, quindi, può essere preclusa a causa di precedenti penali, ma si dovrà valutare in concreto, caso per caso, la gravità dell’illecito commesso e la pericolosità sociale del richiedente. Infatti, in analogia a quanto espressamente previsto, per le domande di cittadinanza iure matrimonii, in base a consolidata giurisprudenza, può essere preclusa anche la concessione della cittadinanza per naturalizzazione
(art. 6, legge 5 febbraio 1992 n. 91) al richiedente che sia stato condannato, con sentenza definitiva, per: ´ uno dei delitti previsti nel codice penale al libro secondo, titolo I: delitti contro la personalità dello Stato (artt. 241- 294 c.p.), capo I: delitti contro la personalità internazionale dello Stato (artt. 241-275 c.p.), capo II: delitti contro la personalità interna dello Stato (artt. 276 -293 c.p.) e capo III: delitti contro i diritti politici dei cittadini (art. 294 c.p.); ´ un delitto non colposo (l’autore ha agito intenzionalmente e in piena coscienza e non per mero errore) per il quale la legge preveda una pena edittale (la pena base espressamente prevista dalla legge) non inferiore nel massimo a tre anni di reclusione; ´ un reato non politico a una pena detentiva superiore a un anno da parte di un’autorità giudiziaria straniera, quando la sentenza sia stata riconosciuta in Italia;
´ i casi in cui sussistano comprovati motivi inerenti alla sicurezza della Repubblica. Dovrà essere comunque considerata, analogamente a quanto previsto dall’art. 6, legge 5 febbraio 1992 n. 91 l’intervenuta riabilitazione quale causa di cessazione degli effetti preclusivi della condanna.

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Cittadinanza IURE SANGUINIS


Il riconoscimento della cittadinanza italiana ai discendenti da avo italiano. Il riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis ai discendenti dei nostri connazionali emigrati all’estero avviene mediante un procedimento ricognitivo i cui criteri e modalità sono disciplinati dalla nella circolare del Ministero dell’Interno n. k 28.1 dell’8.04.1991.

Tale circolare si basa su un procedimento logico: se nessuno degli avi emigrati all’estero ha perso la cittadinanza italiana quest’ultima si è trasmessa dall’avo italiano sino a colui che ne rivendica il possesso e che rivolge istanza al fine del suo riconoscimento.

La circolare K.28.1 del 8 aprile 1991 del chiarisce innanzi tutto la competenza del procedimento:
- Cittadino residente all’estero  Consolato
- Cittadino residente in Italia    Comune di residenza

L’ufficiale di stato civile deve attivare un procedimento istruttorio sulla base della documentazione allegata all’istanza avanzata dal richiedente il riconoscimento della cittadinanza italiana.

Tale procedimento, che consiste nella verifica della sussistenza delle condizioni preliminari e sostanziali e che si concluderà con la trascrizione dell’atto di nascita dell’istante, si articola in diverse fasi.

Si tratta di un procedimento piuttosto complesso che deve essere gestito in “sintonia” dall’ufficiale di anagrafe e di stato civile (nei comuni dove le funzioni sono organicamente distinte).

Tale necessità di collaborazione si è resa indispensabile in particolare dopo l’entrata in vigore del c.d. “cambio di residenza in tempo reale” (D.L. n. 5/2012) e le tempistiche da esso previste.

Per richieste di cittadinanza iure sanguinis a Milano contatta la nostra agenzia di pratiche per stranieri in via Brusuglio 73 (zona Affori)

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